La decima edizione di Percorri la Pace si è conclusa. Ogni edizione è speciale e diversa dalle altre, per il significato, le riflessioni fatte, i territori attraversati e le dinamiche che si creano con gli altri partecipanti. Ma quest'anno è stato senz'altro un po' più speciale degli altri. Per la durata (solo 3 giorni rispetto ai solito 4-5), per i km percorsi (circa 400, meno di qualunque altra edizione), per le norme di sicurezza che abbiamo cercato di rispettare. Ma soprattutto perché è stata la prima esperienza/iniziativa fatta in gruppo dopo mesi di isolamento e distanziamento. E lo abbiamo fatto proprio attraversando i territori più colpiti dal Covid-19. Per incontrare le comunità (come abbiamo fatto a Nembro e a Orzinuovi), e per rendere omaggio ai tanti morti delle nostre province. Ma anche per riflettere e ragionare su come possiamo ripartire. Non per essere irresponsabili, anzi. Ma perchè le nostre comunità (le associazioni, le parrocchie, i gruppi, la vita sociale in generale) hanno un grande bisogno di ripartire. Non come prima. Anzi. Questa può essere l'occasione per ripartire ma in modo diverso, anche alla luce di ciò che questi mesi ci hanno insegnato. La sensazione è che molti preferiscano attendere inermi, in attesa di un via libera per tornare a fare esattamente quello che si faceva prima. Cosa che non avrà senso. Penso alle attività parrocchiali in generale, già spesso in grande sofferenza; il Covid ha solo accelerato dei processi che erano già in atto. Come ci ricordava Ivo Lizzola, c'è bisogno che le comunità si trovino intorno a un tavolo, in un'ottica di condivisione delle responsabilità e anche dei possibili rischi. Magari con uno sguardo profetico, capace di portare lo sguardo e il sogno di Dio nel mondo.
Sfide enormi che abbiamo di fronte. Ma che vanno giocate con un grande senso di responsabilità.
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