Camminando per i monti bresciani, è molto facile imbattersi per luoghi che sono stati teatro della Resistenza. Addirittura nelle nostre valli abbiamo alcune decine di itinerari contrassegnati con il tricolore, raccolti nel bellissimo libro “Sui monti ventosi”. Pietro Calamandrei disse che le montagne erano uno dei luoghi dove andare in pellegrinaggio per ricordare dove era nata la nostra Costituzione. Su questi sentieri è facile imbattersi in chiesette, cippi e targhe. Riporto le fotografie di due cippi che mi sono cari, per celebrare la festa della Liberazione di quest’anno. Il primo è posto sull’anticima della Corna Blacca, che ricorda i caduti della Brigata Margheriti. Ogni volta che ci vado mi commuovo, leggendo i nomi e l’età di questi ragazzi che (in buona parte) così giovani, hanno saputo scegliere da che parte stare.
Perché letteralmente il termine “partigiano” indica chi sta con una parte. Infatti è riferito a chi scelse la “parte” della libertà, della giustizia, della responsabilità e della partecipazione e anche della patria (in un paese “normale” i primi a celebrare la Resistenza dovrebbero essere i populisti, i nazionalisti e coloro che inneggiano continuamente alla patria, visto che fu una guerra per scacciare l’invasore tedesco e dare il potere al popolo italiano…). Eppure basta leggere i libri che raccontano di quei mesi e ascoltare le tante testimonianze, per rendersi conto che lo spirito della Resistenza era quello di unire, non di dividere. Di pacificare un popolo che era stato diviso. Di costruire una nuova società che avesse come base quei valori per cui questi ragazzi, uomini e donne, hanno dato la vita. Molto spesso sostenuti e supportati dalla popolazione, come la storia delle nostre vallate ci insegna. E la conferma di questo spirito viene anche da altri cippi (uno dei quali è il secondo di cui riporto la fotografia). Sulla chiesetta di San Giacomo al Mortirolo sta scritto “… nel tempo antico pregano con il nemico fratello caduto nella luce di Cristo”. E poco più in alto (all’albergo Alto) una lapide recita “Su queste montagne, nido di Fiamme Verdi, arse la lotta, trionfò il perdono”.
Eppure ogni anno il 25 Aprile diventa occasione per dividersi e per rinnegare una storia che sta alla base della nostra (faticosa) democrazia e (mal utilizzata) libertà. L’augurio è che la festa della Liberazione diventi sempre di più la festa di tutti gli italiani, anche di coloro che la considerano una vittoria di parte, come se si fosse trattato di una partita tra destra e sinistra. No, è stata la vittoria degli italiani, la vittoria di migliaia di uomini e donne che hanno rischiato e donato la vita. La vittoria di quella libertà e di quella democrazia di cui oggi godiamo tutti. E non solo una parte.
Buona festa della Liberazione.
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